Donna Bianca: Una cosa che mi mette sempre un po’ a disagio è quando si parla di ricevere “formale” e “informale”. Sembra che nella coscienza comune questo significhi distinguere eventi un po’ ingessati da altri invece all’insegna della spontaneità. Ecco perché sono termini che usualmente non adopero. Se proprio, preferisco distinguere tra occasioni più eleganti ed altre più disinvolte.
Blasé: Infatti non si tratta di distinguere tra eventi ingessati o spontanei. Innanzitutto perché un gentiluomo e una signora dovrebbero sapersi muovere in ogni occasione in modo appropriato e consono, dunque con disinvoltura, spontaneità e sicurezza. Si tratta semmai di saper riconoscere cosa è appropriato per le diverse situazioni. Perché la sola cosa sbagliata è confondere i piani (a meno che non si tratti di deliberata scelta, ma la cosa è sempre rischiosa). Ma questo sembra un problema comune oggigiorno, dove persino i luoghi hanno perso identità (figurarsi le persone e i comportamenti).
DB: Partendo dal presupposto che a casa mia non si svolgono “cene di rappresentanza”, personalmente riservo la grande eleganza agli eventi familiari più importanti (Natale, Pasqua, compleanni, anniversari e eventi particolari da festeggiare) e la disinvoltura a tutto il resto…
B: Questo è un perfetto esempio di come si possono distinguere i piani. Ovviamente le occasioni che indichi sono comunque a carattere famigliare, e questo esclude quel grado di formalità previsto invece per altri ricevimenti, ma, come sottolinei, necessitano comunque di un grado di eleganza e di cura. Insomma: ricevere è un linguaggio di cui bisogna conoscere l’ortografia, la grammatica e la sintassi. Altrimenti rischiamo di fare la figura di chi vuole usare parole difficili senza conoscerle, rendendosi probabilmente incomprensibile, sicuramente ridicolo. In fondo, è la differenza che passa tra buono e cattivo gusto, dove il buono non coincide con un astratto ideale estetico (il bello è sempre soggettivo), quanto sull’essere appropriati al contesto.
DB: Vero. E’ il principio per cui è di pessimo gusto presentarsi in tacchi a spillo (per quanto meravigliosi) ad un pic nic sull’erba, o in scarpe da tennis ad una cerimonia. E infatti chi confonde l’informalità con la sciatteria (il classico “tanto siamo tra noi” che sembra possa giustificare ogni caduta di stile) mi disturba quanto chi identifica l’eleganza con il lusso e l’ostentazione.
B: Si potrebbe al proposito citare qualche film di Nanni Moretti, dove si lamenta con chi lo invita per la sciatteria del modo di ricevere o della mancanza di regole a tavola dei figli (anche per dire che non siamo in un campo percorso solo da beceri conservatori). Certamente le regole sono anche state usate per operare delle distinzioni di classe, tra chi le conosce e chi no: basti ricordare nel Gattopardo la scena con cui don Calogero Sedara si presenta alla cena dei principi Salina con un improbabile frac. Anche il Saper vivere di Donna Letizia, in fondo, non è altro che un tentativo di ribadire una distinzione segnalata da chi detiene i codici di comportamento. Si tratta appunto di saper scegliere il registro giusto. Se qualcuno ha sdoganato senza che ci fosse alcuna reazione i “vaffa” vari, non per questo ci rivolgeremo così ai nostri amici e allo stesso modo non li riceveremo in pantofole e con una tovaglia unta.
DB: Il ricevere in pantofole sarà proprio il tema di uno dei miei prossimi post…
B: Per carità, le pantofole riserviamole al relax, magari in compagnia di qualche piacevole lettura a tema: buoni romanzi, soprattutto, perché attraverso la loro voce possiamo immergerci nelle più diverse situazioni e imparare come se le avessimo vissute (anche come vestirsi per una cena dai principi di Salina, appunto, caso mai ci capitasse…). Se proprio vogliamo dedicarci ai libri sul buon ricevere, cominciamo dal capostipite, il Galateo di Giovanni Della Casa, anche per capire come le regole cambino nel tempo, e poi proseguiamo con quelli più recenti, magari per divertirci a smontarli, cercando di scoprire a quale ordinamento sociale siano organici: Donna Letizia lo era alla borghesia del dopoguerra che vedeva con terrore l’emergere di nuove classi sociali, una più recente scopritrice del bon ton alla ridefinizione dei parametri identitari di un’élite finanziaria che puntava a mantenere e accrescere il proprio status a fronte dei “pericoli” di una democrazia che avrebbe dovuto invece garantire trasparenza e rispetto delle regole anche in quel campo.
DB: Posso dirlo? Parli un bel po’ difficile. Comunque direi che un po’ di basi teoriche le abbiamo messe. Magari dalla prossima volta sarà interessante confrontarci sulle situazioni concrete: ho idea che scendendo nel pratico ci sarà da divertirsi.
B: Non ne dubito. Al prossimo dialogo allora.
Che dire…bravi…mi piace buona giornata, Daniela
Grazie 🙂 . E buona giornata anche a te!
“…scarpe da tennis ad una cerimonia…”
mi viene sempre in mente la cena del mio matrimonio; cerimonia nel tardo pomeriggio in una meravigliosa ( e purtroppo ormai devastata) chiesa della mia città, cena in un ristorante molto raffinato, tovaglie preziose, posate in argento, tutti gli invitati in tono e… una di loro non mi scompare nel bagno per riemergere in jeans alla rapper e scarpone da ginnastica da giocatore di basket?!?!?!
io queste cose non le tollero, le vedo come grandi mancanze di rispetto neiconfronti di chi ospita…ok lo stare “comodi”, ma insommaaaaa!!!!!
😉
Aaaargh! No, decisamente non si fa 😦
La scarpa da ginnastica a una cerimonia, passati i 12 anni, è davvero imperdonabile!!!
ah, scusate, bellissimo !!!!!
un piacere “leggervi”
c
Grazie 🙂
… come sempre entrambi leggeri nel tono, ma profondi nei contenuti! Piacevolissimo scambio. Grazie a tutti e due per il tempo che avete dedicato a noi lettori
Grazie anche a te 🙂
Ringrazio le gentili lettrici per i benevoli commenti che ci hanno fin qui riservato. Di sicuro per il futuro lo sforzo sarà di essere accattivanti nei temi mantenendo leggerezza nei modi.
l’eleganza è innata. ed è la cosa che fa sempre la differenza, ecco perchè senza dubbio riuscirete ad essere interessanti e divertenti 😉
Altro che siparietto! Questo e’ un poema! Devo dire che a meta’ lettura anche io stavo pensando: “Non sto capendo piu’ niente! ” ma ci hai pensato tu DB a dire che il nostro gentiluomo iniziava a parlare difficile 😉 ….ma questo e’ un problema mio… Lo scambio di opinioni tra di voi e’ molto piacevole…bellissima la foto della stilografica che hai messo per iniziare questo viaggio…e sarei molto interessata all’ argomento pantofole…anche se sono brutte da vedere capita molto spesso dalle mie parti di accogliere ed essere accolti con quelle ai piedi… Specialmente con chi e’ piu’ intimo.
😀
La foto penso ci accompagnerà anche nei prossimi dialoghi, ci è sembrata molto azzeccata…
Quanto alle pantofole, sono in arrivo 😉
e’ un vero piacere leggervi…grazie di cuore
p.s. le ciabatte no no e ancora no!!! baci baci baci ale
Mi piace. Come un film di Luchino Visconti.Stessa eleganza, però meno triste.
Speriamo. L’idea non era di deprimervi…
Ah! Che piacere leggervi!
Trovare questo dialogo è stato per me riposante, rigenerante e divertente. Vi ho letto di Domenica, poi, che è in genere un giorno più libero dagli impegni di lavoro, subito dopo una capatina sui giornali, giusto per capire cosa succede nella nostra politica, e mi avete ritemprata e rasserenata.
Il rispetto degli altri si manifesta soprattutto in quanto di noi offriamo loro, e ciò vale nei sentimenti come nelle buone maniere e nella cura del nostro modo di presentarci. Quindi, certo: buona educazione, che permette di trovare la giusta distanza e quindi ci consente di stare insieme meglio, e più a lungo!
(Poi, in conclusione: no, dai, non mi pare che Blasè parli difficile, e vi auguro di continuare così!)
Colonna sonora? ” Let’s call the whole thing off”, Louis Armstrong e Ella Fitzgerald!
Grazie carissima, e benvenuta! Speriamo che tu possa trovare altrettanto gradevoli anche i prossimi Dialoghi: e grazie per la colonna sonora, un suggerimento davvero raffinato e ironico, com’è nello spirito di questo divertissement 😉
A presto