Nei commenti al post precedente è risultato evidente quanto sia frequente, e spiacevole, trovarsi nel bel mezzo di una compagnia male assortita. Per questo oggi volevo fare un passo indietro, e parlare un po’ di come si abbinano gli invitati, soprattutto nel caso di situazioni a prova di fuga, come per esempio una cena seduti.
Fermo restando quando già detto qui, se riuniamo intorno allo stesso tavolo persone che non si conoscono o si conoscono poco, già un buon punto di partenza è raccogliere un gruppo ristretto: l’ideale, secondo me, va dai sei agli otto commensali al massimo, in modo da consentire una conversazione unitaria. Con un numero superiore, infatti, rischieremmo di creare tanti piccoli gruppi di conversazione, con il risultato che a fine serata molti se ne andrebbero senza aver minimamente approfondito la conoscenza reciproca.
Passando invece alla tipologia degli invitati, la questione si fa decisamente più complessa. Cominciamo con quelli che sono, sempre secondo me, gli abbinamenti da evitare. In primo luogo, le accoppiate esplosive già in partenza: persone che la pensano in modo diametralmente opposto in campo politico, per esempio, se non siamo sicuri sappiano gestire il confronto in modo civile ed educato; idem (fa ridere, ma è tristemente vero) per i tifosi di squadre storicamente rivali, spesso più rissosi di un gruppo di wrestler professionisti. Attenzione, in generale, all’eccesso di contrasti: i ricconi che raccontano con nonchalance della loro ultima vacanza nel paradiso tropicale non sono i compagni di tavolo ideali per chi può al massimo campeggiare con la tenda a due passi da casa; allo stesso modo, difficile che un appassionato di auto da corsa abbia molto da dirsi con un flemmatico esperto di musica antica, salvo naturalmente non condividano, per dire, la medesima passione per il trekking.
Paradossalmente, occhio pure alle persone troppo simili o, peggio, potenzialmente concorrenti: un tavolo di esperti della stessa materia può infatti dare vita ad un dialogo di grande vivacità intellettuale come ad una conversazione mortalmente noiosa, per tacere di quanto possono accendere l’atmosfera possibili gelosie o reciproche manie di protagonismo tra due esponenti del medesimo settore.
Insomma, per farla breve la compagnia ideale per me è composta da sei-otto persone, che abbiano interessi in comune ma non tanto da non trarre stimolo dalla reciproca conoscenza, e soprattutto capaci di confrontarsi con i punti di vista altrui in modo aperto e garbato.
Se questa selezione non è possibile e la compagnia è per forza di cose eterogenea, molto meglio lasciare perdere la cena seduti ed organizzare un bel ricevimento a buffet, che consente alle persone di mescolarsi e rimescolarsi senza problemi, permettendo anche – se del caso – di defilarsi rispetto al commensale che poco ci aggrada per rifugiarci presso compagnie più piacevoli.
Io preferisco di gran lunga le cene in piedi, sia quando sono io a ricevere, sia quando sono invitata. Innanzitutto è possibile invitare più di sei persone(anche per me otto è il numero massimo di commensali ad una cena seduti) e poi l’atmosfera di solito è più rilassata e la conversazione più varia e vivace.
A livello di spazio, io riesco a mettere sedute fino a dodici persone (e a fare un secondo tavolo per i bambini), ma lo faccio solo per le grandi feste di famiglia o nei casi del tutto eccezionali, altrimenti anch’io sono per il buffet. In effetti a livello di preparativi si lavora di più, ma l’atmosfera è decisamente più disinvolta: anche secondo me sono le serate che riescono meglio 🙂