Ricordi, Stile

Storie di un tempo passato. Le paste della zia Luisa

La zia Luisa aveva poco più di settant’anni, ma ai miei occhi di bambinetta sembrava vecchissima: non aiutavano i lunghi capelli candidi raccolti in un’elegantissima crocchia, gli abiti dal colletto inamidato fermati dall’immancabile cammeo, i modi affettuosi ma allo stesso tempo austeri. Del resto la zia Luisa era nata alla fine dell’Ottocento, unica femmina in una nidiata di nove bambini. Era la sorella di mio nonno, e non si era mai sposata: in una tragedia condivisa con molte ragazze della sua generazione, aveva perso il fidanzato in guerra, e a detta delle cognate era rimasta inconsolabile. In realtà da parole sussurrate a mezza voce (mai parlare davanti ai bambini: anche quando non sembra, capiscono tutto) avevo scoperto che un successivo amore le era stato negato dai rigidi codici morali dell’epoca: il signore in questione era considerato socialmente discutibile, e la povera zia si era rassegnata ad un’esistenza da zitella.

Proprio in quanto sola, era ospite fissa, a rotazione, dalle famiglie di cognate e nipoti. Mi accorgevo che era arrivato il nostro turno dall’attivarsi, in casa, di uno strano cerimoniale: la tavola era preparata con particolare cura, non poteva mancare l’argenteria, il menù aveva un sapore a dir poco antico, e l’atmosfera metteva a noi bambine una discreta soggezione. Ciò nonostante attendevamo con ansia l’arrivo della zia Luisa: da brava ospite, infatti, la zia si presentava sempre con un meraviglioso vassoio di paste. Considerate che a casa mia si mangiavano spesso dolci, ma fatti rigorosamente da mamma e nonne, e sempre del genere “da colazione”, come pastafrolle, torte di mele, ciambelloni e crostate: creme & affini non si vedevano quasi mai. Per questo le paste della zia Luisa erano ambitissime: la gioia maggiore era quando portava i Cigni, semplici bignè ripieni di panna montata, ma che a noi piccole sembravano un cibo paradisiaco.

Erano anni che non pensavo più a lei. Ma questo pomeriggio, mentre come al solito mi scapicollavo tra ufficio e scuola dei figli, ho visto un vassoio di Cigni nella vetrina di una pasticceria. E tutto di colpo ho ricordato questa donna dolcissima e sfortunata che sapeva sempre di acqua di colonia, impeccabile coi suoi orecchini a rosetta e le sue spille, dagli occhi che brillavano quando parlava della sua amata musica. Così, tornata a casa, ho aperto il portagioie e ho recuperato un piccolo cammeo regalatomi anni fa da mia madre: credo proprio che domani, vestendomi, lo porterò con me.

12 pensieri su “Storie di un tempo passato. Le paste della zia Luisa”

  1. che bel modo di iniziare la giornata.
    è bello quando un piccolo particolare ci riporta a cose e a ricordi così preziosi.
    adoro i cammei, purtoppo non ne ho nemmeno uno, ma non dispero 😉
    grazie per questo momento di dolcezza 😊

  2. A me è successa una cosa analoga un paio di giorni fa quando, parcheggiando davanti a casa di vicini dei miei, ho notato sul muretto di recinzione un po’ di muschio (quello bello verde e fitto, morbido e che assomiglia al velluto) e mi sono ricordata di quando lo raccoglievamo con papà per fare il presepe. Lo prendevamo sempre da quel muretto perchè ce ne veniva veramente tanto ed era perfetto per la nostra creazione. E’ stata una vera e propria epifania alla maniera di Proust, molto dolce e molto commovente…devo dire a papà di rifare insieme il presepe quest’anno.

  3. La mia zia Luisa si chiama Pinuccia. Pittrice, disegnatrice di gioielli, sola, stravagante, elegantissima a volerla capire. Occhi grandi, grandi silenzi, coccole con le nipoti – i bambini: che cosa strana!- tristezza per una vita che avrebbe potuto essere diversa e più ricca di affetti.
    Aiutiamo le nostre piccole a diventare delle donne libere e sicure di sé, sosteniamole per farle volare dove vorranno certe che saremo sempre qui per loro.

    1. Quanto hai ragione! Il problema è che ogni tempo ha i suoi pregiudizi. Lo spasimante della zia Luisa, se ricordo bene, era un orchestrale: oggi la sua professione sarebbe considerata di prestigio, ma al tempo lo collocava dritto dritto nell’equivoca categoria degli “artisti”. Quindi mi chiedo: e se un domani nostra figlia ci si presentasse con quello che per i nostri standard è un “poco di buono”, saremmo davvero capaci di rispettare la sua scelta? Non è per niente facile, davvero…

      1. Hai centrato in pieno! (DB: ma c’è telepatia?) Continuo la biografia: fra le pochissime studentesse di architettura in una città in cui le signorine di famiglia nobile NON studiavano e NON lavoravano, ma si sposavano giovanissime, si innamorò di un pittore e reporter fiorentino che viaggiava per mestiere. Ostracismo familiare, solitudine, tristezza. Tutta la sua carica espressiva andò nei dipinti, nei decori di interni, nei gioielli per le sue amiche. Molto diverso il destino dell’unico fratello maschio: mio padre.
        Quando penso a lei, penso a Virginia Woolf e a quello che diceva sulla sorella di Shakespeare.
        Amiamo le nostre bimbe moltissimo, di un amore che dà fiducia, sicurezza e capacità di spiegarci, quando saranno grandi, quello che da sole non sapremo capire.

        1. Infatti. E magari ricordiamo anche loro – a tempo e modo, s’intende – che la possibilità di studiare, lavorare, viaggiare, scegliere se e con chi dividere la propria vita non è qualcosa di scontato, ma è un tesoro dal valore inestimabile, che come tale va custodito.

        2. mamma mia che meraviglia questi ritratti di signore antiche. la mia “zia Luisa” è vivente, e non è mia zia. Si chiama Angela, figlia adottiva di un noto pittore Aquilano, e la sua storia meriterebbe un libro di per sè. domani vado a trovarla, grazie per i dolci pensieri
          cla

  4. Bello questo racconto nostalgico…mi ha fatto venire in mente 2 cose…”Piccole donne”, la storia da me molto amata e il momento in cui zia March andava a casa delle 4 sorelle…ho immaginato zia Luisa propriocome lei….e le “paste della domenica” quelle che mio padre portava a casa quando io e mia sorella eravamo piccole…che bei momenti! E che gioia aspettare il ritorno di papa’ che stranamente faceva questa cosa…dico stranamente perche’ mio padre, adesso73enne non ha piu’ avuto slanci di questo tipo col passare degli anni…chissa’ perche’? Adesso evita accuratamente anche di entrare in un bar per prendere un caffe’ occasionale….peccato! La mia pasta preferita a quel tempo era il bigne’ al cioccolato con la sua glassa stucchevole ma apprezzatissima da me e poi non mancavano mai la zuppa diplomatico e la “pesca”…..per cio’ che riguarda i camei invece neanche l’ombra a casa mia e le vecchie zie non hanno mai avuto l’aria sontuosa di cui parli ma piuttosto contadina 😉

    1. Oddio, non sono fresca di studi su “Piccole donne” ma ricordo zia March come una ricca, spocchiosa e insopportabile strega! Zia Luisa, poverina, era tutto il contrario: certo era un po’ rigidina, ma a suo modo era dolce e, anche se non era particolarmente benestante, molto generosa. Se proprio, pensa a una versione magra e e un po’ meno anticonformista della nonna di Clara, intesa come l’amichetta di Heidi 😉

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