Decorare, Ricevere, Ricordi, Stile, Tavola

L’anima delle cose

@acasadibianca
@acasadibianca

Da bambina ho passato un numero incalcolabile di domeniche in giro per mercatini dell’antiquariato, al seguito dei miei genitori, veri fanatici del genere. Lo confesso, mi annoiavo a morte. Loro cercavano solo disegni e stampe, e non degnavano di uno sguardo quello che sarebbe piaciuto a me, ovvero oggettistica per la casa. “Non ci servono, ne abbiamo gli armadi pieni” tagliavano corto ad ogni mio tentativo di trascinarli a vedere vasi, stoviglie e tessuti ricamati. A me pareva che avessimo ancora meno bisogno di ulteriori disegni e stampe, ma tant’è: non c’era proprio verso di convincerli.
“E’ come rubare un pezzo di anima”, si sono fatti scappare una volta, davanti alle mie insistenze per un oggetto che ora nemmeno ricordo. Allora non ho capito, ma adesso ho perfettamente chiaro che cosa intendessero: perché è vero, ogni oggetto di uso corrente porta in sé l’impronta di chi lo ha posseduto, usato, amato; per questo, secondo la loro sensibilità acquistare uno di questi oggetti voleva quasi dire profanare l’intimità dei loro passati proprietari.
Lo capisco, ma non lo condivido, anzi: credo che portarsi a casa un oggetto che ha accompagnato la vita di un’altra persona non sia una mancanza di rispetto, ma al contrario un modo per onorarne la memoria, come a dire “ecco, da questo momento sarò io ad avere cura di questo tuo piccolo tesoro”.
Ho pensato esattamente questo quando, qualche giorno fa, in un negozietto di oggetti vintage mi è caduto lo sguardo su quattro tazzine da caffè abbastanza malconce: valore commerciale pari a zero, ma – ai miei occhi – grandissimo fascino. Avete già capito com’è finita: non ho resistito e me le sono portate a casa.
Ora sono qui, nella vetrina delle porcellane, che aspettano il momento buono per ricominciare a fare il loro lavoro. Si, perché non ho nessuna intenzione di lasciarle a fare la polvere dietro un vetro: serviranno altri caffè, sfioreranno nuove mani e nuove labbra, ascolteranno ancora chiacchiere, a volte gioiose e a volte tristi. Anche per loro tramite, la vita continua.

6 pensieri su “L’anima delle cose”

  1. Anche stavolta i tuoi pensieri sono delicati ed evocativi. Condivido su tutta la linea. Mia nonna, che ora non c’è più, era una di quelle persone che amavano accumulare piccoli oggetti di uso comune, ed ha salvato dalle mani del tempi infinite piccole cose. Molte me le ha regalate già prima di morire, consapevole che avrei avuto cura amorevole dei suoi oggetti amati. Ora che non c’è più ho i suoi foulard, i suoi colli di pelliccia, collane e collanine di bigiotteria che negli ultimi anni aveva iniziato a fare. Ho fra le altre cose un divanetto veneziano che adoro, ed un servizio da dolce in porcellana, con decori di damine ottocentesce bordato in oro zecchino. Ogni volta che uso uno di questi oggetti sento qualcosa di lei vicino.
    Quindi si, c’è un pezzo d’anima, ma non rubata…solo onorata e presa in prestito, per dare vita a oggetti passati.
    Buona giornata! claudia

  2. Concordo con Claudia, questo post è molto bello, e anch’io ho pensato a mia nonna. Senz’altro la più amata fra le persone a me care, e che ci ha lasciato. Ho voluto con me la sua incredibile batteria di pentole in acciaio smaltato con decori egiziani e colori francamente indescrivibili, con cui oggi insieme ai miei figli ci divertiamo a cucinare mentre andiamo a giocare in altre stanze “perché tanto su pentole così non si attacca niente, vero mamma?”.
    Ho la sua collana-feticcio, sempre indossata e con cui è stata ritratta in centinaia di foto, e il vestito di lycra stampata con cui mi veniva a prendere all’aeroporto a fine luglio, quando tornavo dai miei viaggi-studio estivi, per portarmi nella casa al mare in cui lei da sola governava senza alcuno sforzo e sempre sorridendo venti nipoti di ogni provenienza e fascia d’età.
    Era ed è più che amatissima. Solo guardare i suoi oggetti mi solleva il cuore. Attraverso questi stessi oggetti i miei bambini – che non ha conosciuto – sentono me e mio marito parlare di lei, come se potesse venirci a trovare da un momento all’altro.
    Si è capito quanto mi manca?

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