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La patria in tavola, o le ceramiche commemorative all’italiana

Oggi apriamo con una bella notizia: la mostra “Un tè con Elisabetta II“, che espone al pubblico, in quel di Parma, le commemorative potteries della casa reale inglese collezionate dell’amica e blogger Marina Minelli, è stata prorogata fino al 24 settembre. La cosa mi emoziona ma mi fa anche venire in mente che, concentrata come sono a condividere la mia passione per le English potteries, non vi ho mai parlato della versione italica delle ceramiche commemorative.

Piatto commemorativo vintage giro elettorale a casa di Bianca

Sì, perché non sono stati solo gli inglesi a ritrarre su piatti e tazzine personaggi ed eventi storici: anche l’Italia vanta una significativa tradizione in questo senso, che peraltro è oggetto di una bella esposizione permanente. La collezione di cui parlo – raccolta nel tempo da Romain Rainero (guarda caso uno storico, la stessa specializzazione di Marina, e anche la mia) – è stata infatti donata al Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto, che la ospita nelle sue sale e che le ha anche dedicato una bella monografia.

Apprendiamo così che le commemorative all’italiana nascono nel corso del Risorgimento sulla scia di analoghe produzioni francesi. Più che le figure dei regnanti, celebrano eventi storici, e in particolare tutti i passaggi militari che accompagnano il faticoso cammino di unificazione del Regno d’Italia. Un percorso di ammaestramento culturale e incitamento al patriottismo che prosegue anche oltre per illustrare conquiste e ambizioni coloniali, ma che tramonta con la Grande Guerra, quando mezzi di comunicazione più rapidi e veloci soppiantano piatti e tazze come veicolo di diffusione di idee e notizie.

Prima, però, le commemorative all’italiana avevano rappresentato una produzione ben diffusa, anche perché poco dispendiose e quindi alla portata di tutte le tasche. I piatti in questione venivano infatti realizzati in rustica terraglia e decorati con la tecnica del transferware, che contava centri di produzione importanti anche nel nostro paese. Com’è logico, questi articoli nascevano soprattutto nel distretto della ceramica piemontese, che contava decine di manifatture. Anche qui, come in Inghilterra, spesso i decori erano comuni, ma da una casa produttrice all’altra potevano variare i bordi e i colori.

Proprio per la loro economicità, questi articoli erano anche molto fragili, ed ecco il motivo per cui ne sono rimasti relativamente pochi. Personalmente ne posseggo un unico pezzo, che però ha una storia piuttosto divertente. Rientra in una serie di sei piatti nota come “il giro elettorale”, fu prodotta tra fine Otto e inizio Novecento da varie manifatture (Società Ceramica Italiana, Ceramiche Vedova Besio e altre), e rappresenta una curiosa variante del volantinaggio elettorale. La serie fu infatti commissionata da alcuni candidati con lo scopo di invogliare i cittadini a votarli quali futuri Deputati del Regno. Ispirata al genere francese dei “piatti parlanti”, vede un decoro composto da una vignetta accompagnata da una didascalia illustrativa. Se i candidati dessero tutti e sei i piatti assieme o – come nella migliore tradizione italica – metà prima e metà dopo le elezioni, non è dato sapere. Purtroppo non ho trovato foto che li raffigurino individualmente, quindi mi limiterò a raccontarveli.

Si va dal candidato che si presenta – garanzia di serietà – all’autorità religiosa (“Come state? Signor Curato, pongo la mia candidatura”), alle promesse elettorali ad un giovine di belle speranze (“Se sarò eletto, avrò molta influenza per farti avere il posto di guardia caccia”); dalla preoccupazione per il programma elettorale (“Resta ancora molto da fare per gli elettori”) alle rassicurazioni della moglie di un elettore dalla salute traballante (“Non è nulla, starà bene per le elezioni”). Non manca la certezza del lieto fine (“Eletto! Ora, miei cari elettori, tutti i vostri interessi sono i miei”) e un monito a garanzia della serietà del candidato, che peraltro è il soggetto – o vedete in alto – del piatto in mio possesso (“Il deputato non deve mai dimenticare che è il fonografo dei suoi elettori”).

Visto il periodo storico, che dite, ne spedisco un po’ di fotografie in giro?

3 pensieri su “La patria in tavola, o le ceramiche commemorative all’italiana”

  1. Prima di tutto grazie infinite per avere ricordato la mia mostra e il suo prolungamento – per il quale sono molto, molto felice 😀 – e poi ma che meraviglia questa storia che non conoscevo assolutamente ed è molto interessante.

    1. Propongo una petizione per il ritorno dei piatti elettorali. Molto più accattivanti ed eleganti degli attuali “santini” dove – diciamolo – i candidati vengono sempre malissimo 😂

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