Metti un week end lungo. Tu distrutta da un periodo di superlavoro e con lo stress alle stelle, un marito altrettanto stravolto, due figli ormai autonomi e Internet che rende davvero facile organizzare un piccolo viaggio. Nasce così una vacanzina che avrebbe dovuto solo farci staccare un po’, e invece si è rivelata l’inizio di una storia d’amore per una Toscana un po’ fuori dai soliti cliché.
La scelta del Casentino, regione della provincia di Arezzo al confine con la Romagna, è nata abbastanza per caso: reminescenze di studi passati, ricerca di quiete e paesaggi autunnali, la curiosità per una storica tradizione artigianale, due chiacchiere via chat con una di voi. Ne sono nati tre giorni all’insegna di spiritualità, natura, arte, buona tavola e… cappotti, che ora vi vado a raccontare.
Abbiamo soggiornato a Pratovecchio, scelto perché in posizione strategica rispetto ai giri che avevamo in mente. Avendo deciso all’ultimo, abbiamo prenotato al volo un b&b appena fuori del paese, il Podere Fiume. Scelta azzeccata, almeno per le nostre esigenze: un posto tranquillo, accogliente, con proprietari di una gentilezza squisita e di grande simpatia. Poi intendiamoci: se siete i tipi che non possono rinunciare a lini, argenti e servitori sussiegosi, lasciate stare. Se invece vi piace sentirvi in famiglia e apprezzate le atmosfere semplici e un po’ retrò, è perfetto!
Da lì abbiamo fatto base per le nostre escursioni. Spiritualità, si è detto. Abbiamo iniziato, il primo giorno, con una sosta al Santuario francescano de La Verna, sul monte omonimo, dove san Francesco ricevette le stimmate.
Il santuario si può raggiungere in auto o, come abbiamo fatto noi, con una breve passeggiata in salita nel bosco, partendo da Chiusi alla Verna. Impossibile non restare affascinati dal panorama che si staglia ai piedi del santuario, soprattutto pensandolo completamente selvaggio come ai tempi di Francesco.
Seconda tappa all’insegna della spiritualità, l’eremo di Camaldoli . Anch’esso arroccato sull’Appennino, poco sopra l’omonimo monastero, è visitabile solo in alcune parti, rigorosamente accessibili solo in visite guidate di gruppo che partono puntualissime ogni mezz’ora. Si visitano la chiesa, la cella del fondatore, l’eremita Romualdo, e si intravvedono le altre celle dove tuttora dimorano alcuni monaci eremiti.
Natura, poi. Il Casentino è sede di un bellissimo parco naturale, chiamato appunto Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi : meravigliosi boschi dove querce e castagni secolari si alternano a grandi conifere, spettacolari sempre e ancora di più se vestiti d’autunno come in questi giorni. Purtroppo il tempo inclemente non ci ha consentito di camminare quanto avremmo voluto, ma non abbiamo rinunciato ad alcune brevi escursioni, come la passeggiata alle spalle del monastero di Camaldoli che porta al famoso castagno Miraglia, una delle piante più grandi e antiche del centro Italia.
Non ci siamo fatti mancare nemmeno l’arte. A parte le opere conservate nei due santuari citati (da non perdere almeno le meravigliose ceramiche dei Della Robbia), abbiamo voluto dedicare una mezza giornata alla fiera antiquaria di Arezzo una delle più famose della Toscana. Che dire? Un sogno! Vie e piazze punteggiate di banchi carichi argenti, stampe, quadri, e ovviamente… ceramiche! Sono stata tentata da molti pezzi, ma alla fine ho fatto la brava e mi sono limitata a due piatti, un po’ malconci e ora, come da tradizione, immersi in un rivitalizzante bagno di perossido.
Quanto alla buona tavola, abbiamo iniziato col botto in un agriturismo nei pressi del Santuario della Verna: si chiama Fontandrone, lo abbiamo scelto del tutto a caso ma siamo stati contentissimi. Cucina tradizionale toscana, tutto fatto in casa e un panorama strepitoso: cosa volere di più?
Ottimo anche il pranzo ad Arezzo, in una piccola enoteca scelta – lo ammetto senza vergogna – per il nome, Cattivino : molto accogliente, gestione giovane che non ha però rinunciato alla cucina tradizionale. Tra pappa al pomodoro, pici al tartufo e semifreddo ai cantucci e vin santo bagnati da un buon bicchiere di Sangiovese aretino, non abbiamo proprio avuto modo di pentirci della scelta!
Notevole anche il pranzo a Camaldoli: anche qui, abbiamo scelto a caso un ristorantino nella zona del monastero. Abbiamo trovato di nuovo cucina di tradizione (ho finalmente potuto assaggiare i famosi tortelli di patate, buonissimi!), ingredienti di stagione e piatti fatti in casa. Promosso, decisamente!
E’ stato invece più complicato cenare. Pratovecchio e i paesi limitrofi sono molto piccoli, i posti limitati, e non avendo prenotato in anticipo non siamo riusciti a trovare posto nei locali più caratteristici. Una sera ce la siamo cavata con una pizza, la seconda invece ci siamo allontanati un pochino e abbiamo cenato nella vicina Poppi, famosa per il suo splendido castello.
La scelta è caduta su un locale davvero affascinante, che ben onora il suo nome, l’Antica Cantina. Non cucina di tradizione in senso stretto, ma comunque di ottimo livello.
Per finire, i cappotti. Il Casentino è zona celebre per un particolare tipo di panno di lana (c’è anche un museo dedicato che purtroppo non abbiamo fatto in tempo a visitare), e ci sono diverse aziende che lo utilizzano per realizzare giacche e cappotti. Tra queste c’è T.a.c.s., di cui io e il consorte (dimenticavo: come tutto il resto, anche questa è #pubblicitàaggratis!) siamo da tempo clienti. Avendo la fabbrica a due passi dal b&b, siamo andati a curiosare. Inutile dire che non siamo tornati a mani vuote: il marito ha preso un bel giaccone blu in fustagno, mentre la sottoscritta ha optato per un cappottino verde bosco in casentino.
Insomma, tre giorni intensi che forse non ci avranno aiutato a riposare ma ci hanno permesso di rilassarci e ci hanno regalato emozioni bellissime. Con il Casentino è decisamente nato un amore: credo proprio che si ritorneremo!
Ps. Non abbiamo portato con noi Ninni perché, da quanto letto on line, tutti i posti al chiuso che avevamo in mente di visitare sarebbero stati off limits per lei. In realtà abbiamo visto che, se si escludono ovviamente chiese e celle monastiche, in loco la situazione era ben diversa, e la botola avrebbe potuto venire quasi dappertutto. La prossima volta mi sa proprio che anche lei sarà dei nostri…
Itinerario affascinante; è incredibile quante bellezze si celino appena girato l’angolo delle città da grandi numeri turistici! Mi hai proprio incuriosito ed invogliato…
Quanto alla fiera, mi sarei stupita se non ne avessi trovata una, con il tuo fiuto da segugio di antichità 😉: e adesso aspettiamo che, dopo il bagnetto purificatore, ci mostri i tuoi ultimi acquisti!
Ah La Verna! Ci son stata millenni fa in gita con la nonna, probabilmente organizzata dal parroco del nostro quartiere ma non ci sono mai tornata anche se é nella mia regione, chissà che non colga l’occasione dopo la tua descrizione (le rime son venute da sole) Tutto molto interessante ma mi hai fatto venire in mente che, in caso tornassi da queste parti e hai voglia di altra spiritualità, lo sai che a Pomaia, in provincia di Pisa c è il più grande centro buddista d’Italia(credo) tra l altro pure Richard Gere vi è stato ospite, volevo andarci lo scorso anno ma poi é saltato tutto è ancora non ci sono stata…. chissà.
Rettifico, altro che d’Italia! È uno dei centri buddisti più importanti d’europa.
Interessante, non lo sapevo. In realtà mi sono già rimasti in coda Romea e Vallombrosa, ma aggiungo!
Allora poi passa a trovarmi.😁
😉