“E se tutto è un sogno che importa… mi piace e voglio continuare a sognare” (Luis Sepulveda)
E così il Covid ci ha rubato anche il Carnevale. Niente feste, niente maschere, niente coriandoli né stelle filanti. Le sfilate di carri allegorici sono state annullate o rimandate a tarda primavera, il che – diciamolo – fa un effetto davvero strano. Come se non bastasse, quest’anno Carnevale coincide con San Valentino. Non so bene perché, ma questa sintonia di date in un periodo un po’ così mi ha ispirato una storia. Ve la racconto come so fare: con una tavola.

Il vecchio gentiluomo ha appena finito la sua passeggiata serale tra le calli. Di solito gira di buon mattino, quando Venezia appartiene solo ai pochi privilegiati che la abitano. Oggi però ha fatto un’eccezione, per vedere se davvero, quest’anno, non c’è traccia del Carnevale. E no, non ne ha trovato alcun segno: niente maschere, niente feste, e nemmeno coppie di innamorati, di cui questa meravigliosa città trabocca sempre, e tanto più se Carnevale e San Valentino di intrecciano. Sale un po’ fatica la scala, entra e posa tabarro e cappello su un divano di squisita fattura, rivestito da un tessuto un tempo sontuoso, e ora decisamente fané. Dalle grandi finestre si intravvede l’acqua placida del canale, ed è silenzio, intorno.

La tavola è apparecchiata per lui solo. Poche cose, non mangia molto la sera: ma sono oggetti di famiglia, che hanno vissuto tante vite. Si siede e sospira. Non ha mai vissuto un Carnevale così anomalo e solitario. Solo un mazzo di tulipani colorati ricorda vagamente atmosfere di festa.

E allora si rifugia nei ricordi. Gira e rigira tra le mani una coppia di maschere di cartapesta, e sorride al pensiero degli occhi di fiamma che, da soli, erano bastati a trafiggergli il cuore, tanti, tanti anni fa.

Guarda la sala così grande e vuota, ma nella sua mente risuonano ancora la musica, i brindisi, le risate. Quanti ricordi, quante feste in quella casa! Lei spiccava come un diamante tra dame e cavalieri, felici e danzanti in un tripudio di pizzi, velluto, piume, lustrini, gioielli da lasciare senza fiato. Cosa c’è mai stato, si chiede, di più veneziano del Carnevale?

“Semel in anno licet insanire”, dicevano gli antichi, e quante follie hanno visto, nei secoli, le pietre e l’acqua di questa città unica al mondo. “Follie d’amore”, gli sussurra all’orecchio una voce che solo lui può sentire. Il vecchio gentiluomo ricaccia indietro una lacrima, indossa la sua maschera e poggia l’altra lì accanto, accarezzandola con mano leggera.

Un domestico persino più vecchio di lui, apparso quasi per magia, tossicchia discreto. “Caro Bortolo – gli sorride il vecchio gentiluomo – portami un’ombra di buon bianco, un po’ di cichetti e un bel vassoio di galani*. Siamo a Venezia, ed è pur sempre Carnevale!”

*chiacchiere, galani, frappe, bugie… come le chiamate, dalle vostre parti?
Non può mancare nemmeno qui, ovviamente, la #pubblicitàaggratis
Runner in lino: no brand, preso su Amazon
Tovagliolo in lino cifrato: dal corredo della mia nonna
Piatto: Ceramica Giulio Richard, metà Ottocento, preso in un mercatino del riuso
Bicchiere: Nason & Moretti, regalo di nozze
Posateria: Solingen, vintage
Maschere artigianali in cartapesta: presa da Kartaruga, a Venezia
Vaso: vintage, dai regali di nozze dei miei genitori
Tulipani: Aldi
Da noi, a Viareggio, il carnevale (“Universale”recita il cartellone pubblicitario già posizionato sul lungomare) è addirittura rimandato con la prima data al 18 settembre e chissà se davvero riuscirà ad andare in scena….stranamente da viareggina non mi importa un granché, sono anni che diserto….complice un marito poco incline, anche io non ho più voglia di stare in mezzo a tutta quella folla che si ammassa sulla”Passeggiata”, però sono molto legata a questo periodo…la prima domenica di carnevale di moooolti anni fa(era il 14 febbraio) ho incontrato mio marito, anzi lui ha incontrato i miei occhi di ragazzina….una mascherina in gesso è stata la bomboniera per il mio matrimonio e per molti anni ho partecipato alle sfilate dei carri allegorici ma adesso preferisco la quiete di casa…perciò il carnevale si può anche saltare… allegramente.
P.s. da noi i dolcetti si chiamano cenci o concetti.
Cencetti! Non concetti…
Qui se ne parlerà, forse, per fine maggio o oltre. Onestamente sarebbe stato più sensato andare direttamente al prossimo anno, tanto ormai, una cosa saltata in più
o in meno…
Delicata la tua tavola, come il racconto. Sono stata quest’estate a Venezia ed è stato bellissimo! p.s. dalle mie parti questi dolci si chiamano “scazzuotti”
Venezia è magica, sempre…
Malinconica ma serena, la tua bella storia…
Anche qui Carnevale rimandato a primavera estate: personalmente lo annullerei del tutto, per quest’anno, un Carnevale di giugno mi fa l’effetto di un albero di Natale a Pasqua; ce lo godremo meglio il prossimo anno, sperando di essere tutti fuori da quest’incubo.
In compenso possiamo festeggiare almeno in famiglia: un San Valentino meno commerciale e più intimo, e i bimbi non rinunceranno certo a travestirsi e lanciare stelle filanti (che ritrovo regolarmente frammentate sotto mobili e divano fino a Pasqua!).
Elegantissima e semplice la tavola: mi piacciono i tulipani che esplodono come un fuoco d’artificio dallo splendido vaso; il piatto è molto bello, e mi appunterò dove trovare quelle meravigliose maschere, se e quando potrò andare a Venezia.
In Piemonte quei dolcetti si chiamano “busìe”, con la ü francese: forse il nome deriva dall’omonimo termine con cui si chiamavano i sottili riccioli sollevati dall’azione della pialla sul legno…
Grazie per questi racconti, mi rasserena molto vedere quanto ognuno di noi cerchi, e in molti casi riesca, a creare spazi di “nuova normalità” per sé e i propri affetti.
Qui il carnevale è rimandato per il secondo anno consecutivo: l’anno scorso si è festeggiato fino al sabato sera, e già il martedì la frequentatissima sfilata dei carri allegorici è stata annullata. Pensavamo che fosse una questione di qualche mese, mai più avrei pensato di trovarmi un anno dopo nella stessa situazione. Però una cosa del lockdown mi va benissimo: cascasse il mondo, bisogna essere a casa per le dieci. E per me che alla sera ho sempre tantissimo sonno è una cosa fantastica.
Qui l’anno scorso la sfilata allegorica è stata l’ultimo momento di festa prima che la situazione precipitasse. Onestamente farò una bella fatica a riassociarla a qualcosa di positivo…